Immaginate un enorme giardino tenuto stretto tra un golfo e i suoi monti.
Ora immaginate quadrati, ottagoni, cerchi e una croce, e lasciate che questi prendano vita in uno spazio che agogna diventare l’ombelico del mediterraneo, giardino ideale e allegoria del paradiso in terra che ha un nome dal fascino millenario, Palermo, che vuole lasciarsi il medioevo alle spalle e protendersi al futuro.
Ed il futuro inizia a colpi di matita, a cavallo tra il XVI e XVII secolo, ridisegnando il suo aspetto urbanistico, che adesso grazie all’apertura di via Maqueda che incrocia perpendicolarmente il Cassaro dà vita ad una croce di strade che ha si, un accezione religiosa, di consacrazione e valore propiziatorio, ma corrisponde anche ad una quadripartizione della città, che simboleggia razionalità, equità, ordine, giustizia, oltre ad essere la rappresentazione metaforica delle quattro parti del mondo.
Ma il mondo ha bisogno di un centro, punto privilegiato di osservazione del suo stesso rinnovamento, e così l’occasione è buona per aprire il sipario ai Quattro Canti di città, piazza caratterizzata da una forma ottagonale simbolo della trasformazione del divino in umano e viceversa, dove una raffinata geometria celebra come un palinsesto, da una parte la monarchia spagnola, e dall’altra elogia l’universo stesso.
Piazza Villena, o Teatro del Sole perché durante le ore del giorno almeno una delle quinte architettoniche è illuminata dal sole, è composta da quattro prospetti che presentano un’articolazione su più livelli dove le sculture rappresentano i fiumi di Palermo, l’allegoria delle stagioni, i regnanti storici della città e le sante patrone palermitane, ed è così vicina a Piazza Pretoria, da accrescere il significato e la rilevanza, del centro civico del Palazzo Pretorio.
Palermo, Museo del Mediterraneo!